Alla stretta di mano va giusto a pensare, per quella s’angustia?
Eh, sí, voi potete dire questo e dire pure: oggigiorno chi la calcola più la stretta di mano dopo che il saluto fascista, in coppia col saluto militare, la sdegettó al più basso grado, deprezzandola agli occhi di tutti. Eh, sí, l’uomo se la mise sotto i piedi la stretta di mano. La guerra, prima di ogni altra cosa piglió di mira quella, la stretta di mano, per prima quella fu messa a ferro e a fuoco, il massacro di là cominció. Ve lo ricordate? E chi la usava più la stretta di mano? chi s’ardiva? Io, voi, noi tra di noi, insomma, che ci fidammo sempre l’uno con l’altro e non ebbimo mai bisogno di darci l’alt e di fermarci a tre passi di distanza con la mano alzata in avanti nel saluto fascista, né di metterci la mano a parocchi nel saluto militare come se ci perlustrassimo controsole e ci spiassimo in faccia l’uno che intenzione aveva l’altro. Non pare nemmeno vero che finí il tempo del saluto fascista. (…)
Che vi devo dire? Ricevere un amico e non potergli dare la mano, mi fa l’effetto di un mangiare bellissimo, peró senza sale, st’effetto mi fa. (…) Sapete come mi sento quand’è che né do né ricevo la stretta di mano? Mi sento che vivo e nessuno se n’accorge.
Stefano D’Arrigo, Horcynus Orca, monologo di Federico Scoma
Leave A Comment